Esclusiva

Gennaio 4 2025
Antisemitismo Digitale: L’Odio Online Esploso Dopo il 7 Ottobre 2023 e il Ruolo delle Piattaforme Social

Dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, l’antisemitismo digitale ha raggiunto livelli allarmanti, alimentato da social media, disinformazione e nuove tecnologie come i deepfake. Ecco l’analisi del fenomeno, tra dati, limiti delle piattaforme e le sfide di un contrasto alla disinformazione

La nascita dello Stato di Israele nel 1948 ha segnato una svolta nel panorama geopolitico internazionale, con il conflitto in Medio Oriente che si è imposto come uno dei principali catalizzatori di antisemitismo globale. L’odio antiebraico, già radicato in molte società, ha trovato nuovo vigore con le tensioni crescenti nella regione, raggiungendo picchi significativi durante le fasi di escalation militare. Un esempio recente si è verificato con gli attacchi terroristici di Hamas contro Israele il 7 ottobre 2023, che hanno scatenato una nuova ondata di antisemitismo, sia online che offline.

La presa degli ostaggi israeliani e la conseguente risposta dello stato ebraico, volto a sradicare Hamas, ha avuto effetto anche nella polarizzazione del dibattito. Sui social media si è assistito a una proliferazione di contenuti che celebravano la violenza, approvavano le azioni di Hamas e mostravano schadenfreude (dal tedesco “gioia per la sfortuna altrui) nei confronti delle vittime israeliane.

Il fenomeno, amplificato dalle dinamiche virali delle piattaforme digitali, ha dimostrato la capacità dell’odio antiebraico di adattarsi e mutare forma, sfruttando il contesto tecnologico e sociale per propagarsi.

La guerra tra Israele e Hamas ha evidenziato come l’antisemitismo si manifesti in modo diverso a seconda del contesto geografico. Nei paesi occidentali come il Regno Unito, la Francia e la Spagna, il sostegno esplicito e le celebrazioni per la violenza di Hamas sono diventati prevalenti, alimentando un clima di polarizzazione e tensione. Al contrario, nei paesi dell’Europa centrale e orientale, il fenomeno si è concentrato su narrazioni complottiste e stereotipi tradizionali, che raffigurano gli ebrei come manipolatori occulti del potere mondiale. Nonostante l’iniziale predominanza di messaggi che glorificavano la violenza, nei giorni successivi si è registrato un ritorno a forme più classiche di antisemitismo, come la rappresentazione di Israele come uno stato terroristico o nazista. Questo schema dimostra come l’antisemitismo non solo persista, ma si rinnovi continuamente, adattandosi alle circostanze e sfruttando i cambiamenti culturali e tecnologici per perpetuarsi.

Anche in Italia si registra un incremento di casi di discorso d’odio. Secondo i dati presentati dal Generale Angelosanto, Coordinatore Nazionale per la Lotta contro l’Antisemitismo, gli episodi di discriminazione contro gli ebrei hanno subito un aumento del 400% a partire dal 7 ottobre 2023. Le segnalazioni, basate sui rapporti dell’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori) e del CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), mostrano un incremento da 98 a 406 episodi in pochi mesi ( 57 episodi di crimini d’odio (hate crimes); 200 episodi di discorsi d’odio).  Oscad ha documentato per il 2023 un totale di 235 episodi classificati come antisemiti, che hanno portato a 51 denunce e 2 arresti. La media mensile, che precedentemente si attestava intorno ai 20 casi, è ora salita a 90. Questi dati sono accompagnati da sondaggi inquietanti: un quinto della popolazione italiana manifesta sentimenti antisemiti, il 16% tende a sminuire la Shoah e il 14% nega l’Olocausto in modo totale. Complessivamente, il 30% degli italiani minimizza la tragedia dell’Olocausto, un segnale preoccupante di una crisi culturale che riflette la mancanza di consapevolezza storica e di educazione civica.

Il web e le piattaforme digitali sono diventati il principale terreno di propagazione dell’antisemitismo. La natura globale e immediata di Internet consente all’odio di diffondersi rapidamente, amplificandone l’impatto. Il discorso d’odio online si distingue per tre caratteristiche principali: la persistenza temporale, che garantisce ai contenuti una lunga durata e potenziale visibilità; l’itineranza, che permette ai messaggi d’odio di riapparire su altre piattaforme anche dopo essere stati rimossi; e l’anonimato, che alimenta la percezione di impunità e incoraggia comportamenti aggressivi che difficilmente avrebbero luogo nella vita reale. Questi fattori complicano enormemente il monitoraggio e il contrasto dei contenuti antisemiti, rendendo essenziale un intervento coordinato a livello internazionale.

L’Unione Europea, consapevole della gravità del fenomeno, ha adottato nel 2016 un Codice di Condotta per contrastare il discorso d’odio online, coinvolgendo le principali aziende tecnologiche. Ma le sfide operative e giuridiche, soprattutto nei casi in cui i server delle piattaforme si trovano in Paesi come gli Stati Uniti, ostacolano l’applicazione delle normative, evidenziando la necessità di una collaborazione più incisiva tra governi, aziende tecnologiche e società civile. Il coinvolgimento delle piattaforme digitali è cruciale, ma spesso queste si trovano a bilanciare gli interessi economici con la responsabilità di bloccare contenuti dannosi, con risultati spesso deludenti.

Un’altra sfida significativa è rappresentata dall’intelligenza artificiale, che da un lato offre strumenti avanzati per il rilevamento e la rimozione dei contenuti d’odio, ma dall’altro è sfruttata da gruppi antisemiti per creare contenuti falsi e manipolatori su larga scala. Tecnologie come i Deepfake consentono di falsificare immagini, audio e video, creando una realtà distorta che diventa difficile da distinguere per l’utente medio. Questi strumenti, utilizzati per diffondere teorie complottiste e distorcere eventi storici come l’Olocausto, rappresentano una minaccia non solo per la memoria collettiva, ma anche per la coesione sociale. La capacità dell’Intelligenza Artificiale di generare contenuti persuasivi e altamente virali aumenta il rischio di amplificare la disinformazione e l’odio, richiedendo regolamentazioni più stringenti e consapevolezza pubblica.

Piattaforme come Telegram, Twitter e Facebook sono al centro del dibattito

Telegram, con la sua moderazione permissiva e la crittografia end-to-end, è diventata un rifugio sicuro per gruppi estremisti. Twitter, ora X, ha registrato un aumento del 70% nei commenti antisemiti dopo il 7 ottobre, aggravato da una governance che sembra favorire la libertà di espressione a scapito della moderazione. Un report recente del The Center for Countering Digital Hate  ha evidenziato quanto anche le Community Notes abbiano un impatto limitato nella gestione dei contenuti. Facebook, nonostante gli impegni presi, lascia ancora passare il 99% del linguaggio d’odio senza adeguate contromisure, una situazione legata sia a scelte economiche che a problemi strutturali.

Antisemitismo Digitale: L'Odio Online Esploso Dopo il 7 Ottobre 2023 e il Ruolo delle Piattaforme Social
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Nella moderazione dei contenuti online e nonostante l’importanza del fact-checking, gli studi condotti dal Luiss Data Lab evidenziano che il suo impatto è spesso limitato a comunità già sensibilizzate sul tema. Per raggiungere un pubblico più ampio è necessario investire nell’educazione di base, introducendo programmi di media literacy già dall’età scolastica e formare gli stessi educatori alla comprensione delle nuove tecnologie. Educare le nuove generazioni significa fornire loro strumenti per comprendere e affrontare fenomeni complessi, trasformando le tecnologie emergenti da potenziali rischi a opportunità per la diffusione di informazioni corrette. Il Luiss Data Lab sta inoltre sviluppando tool tecnologici per analizzare e verificare la credibilità dei contenuti online, mettendoli a disposizione sia di professionisti che del pubblico generale, contribuendo così a rafforzare l’integrità dell’ecosistema digitale.