L’ arresto della giornalista italiana Cecilia Sala a Teheran, Iran, avvenuto il 19 dicembre 2024, ha scatenato un’ondata di reazioni sui social media e nell’opinione pubblica. La notizia, rimasta riservata per oltre una settimana, è emersa il 27 dicembre attraverso comunicati ufficiali e dichiarazioni delle testate per cui la giornalista lavora, Chora Media e Il Foglio.
Le autorità iraniane hanno confermato l‘arresto, il 30 dicembre, accusandola di aver violato le leggi della Repubblica Islamica. Sala era arrivata in Iran con un visto giornalistico il 13 dicembre.
Secondo una nota ufficiale del Ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico iraniano, l’arresto è avvenuto in conformità con le normative vigenti. L’ambasciata italiana è stata informata e alla giornalista è stato garantito l’accesso consolare e il contatto telefonico con la famiglia.
Nonostante le dichiarazioni ufficiali, il capo di imputazione non è ancora stato chiarito. Presunti “comportamenti illegali” sono stati citati come motivo iniziale, ma l’accusa appare generica e suscettibile di molteplici interpretazioni. L’ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei, ha incontrato il viceministro degli Esteri iraniano, il quale ha confermato che l’indagine è in corso.
“Fin dal primo giorno, da quando è arrivata la notizia dell’inaccettabile arresto di Cecilia Sala da parte delle autorità iraniane, tutto il Governo, in primis il Presidente Giorgia Meloni ed il Ministro Tajani, si è mosso per farla liberare” commenta su X Guido Crosetto, Ministro della Difesa e spiega: “Le trattative con l’Iran non si risolvono, purtroppo, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica occidentale e con la forza dello sdegno popolare ma solo con un’azione politica e diplomatica di alto livello. L’Italia lavora incessantemente per liberarla, seguendo ogni strada”. Sempre su X, il Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani fa sapere che “Cecilia Sala sta bene. Il Governo lavora con discrezione per portarla presto a casa”.
Tra i primi a fornire più dettagli sulla dinamica è Mario Calabresi, direttore di Chora Media che in un’intervista su Rainews dice:
“Cecilia era in Iran con un regolare visto giornalistico. Doveva rientrare in Italia venerdì scorso, ma giovedì stranamente non ha mandato la sua puntata… il suo silenzio ci è parso immediatamente molto strano e abbiamo avvisato l’unità di crisi della Farnesina. Per 24 ore il suo telefono è stato muto, finché venerdì mattina la madre ha ricevuto una brevissima telefonata… Cecilia leggeva un messaggio dicendole che era stata arrestata e che si trovava in carcere. Alla domanda della madre “Che cosa hai fatto?” e “In che carcere sei?” ha risposto che non poteva aggiungere altro. Poi ieri ha chiamato il padre e il suo compagno, che è un giornalista del Post, dicendo: “Aiutatemi, fate di tutto per portarmi fuori da qui”. Non si sa ancora di cosa sia accusata”.
ANALISI DELLE NARRATIVE SUI SOCIAL MEDIA
Hashtag come #FreeCeciliaSala e #Abedini sono stati utilizzati su piattaforme come Twitter per mobilitare e richiamare l’attenzione internazionale.
La narrazione online ha polarizzato il dibattito, mettendo in evidenza le implicazioni umanitarie e politiche di Italia e Iran.
Attraverso i trend su X numerosi utenti, in Italia e all’estero, hanno espresso solidarietà per il rilascio e condannato le azioni del governo iraniano per tentare di sopprimere il dissenso e intimidire i giornalisti, azione che viola i diritti umani e le leggi internazionali. Molti colleghi e organizzazioni internazionali hanno infatti sottolineato l’importanza della libertà di stampa e la necessità di proteggere i giornalisti come Sala, che rischiano la vita per svolgere il loro lavoro in condizioni pericolose.
La mancanza di trasparenza riguardo le accuse e le reali condizioni in cui è detenuta hanno suscitato preoccupazione anche per possibili torture. Infatti, nel momento in cui stiamo scrivendo, Cecilia Sala si trova in isolamento nel famigerato carcere di Evin, dove sono rinchiusi dissidenti e attivisti. L’Ambasciatrice italiana a Teheran ha fatto sapere che la giornalista è comunque in buone condizioni.
Numerose anche le richieste per la liberazione immediata di Cecilia Sala, con un appello affinché il governo italiano agisca con determinazione per garantire la sua libertà. Il governo chiede invece ai media e ai giornalisti discrezione e riservatezza. “Lavoriamo in perfetta sintonia con la famiglia e insieme alla famiglia il governo chiede discrezione e riservatezza per una trattativa che deve essere diplomatica e deve essere fatta nel modo migliore per garantire la sicurezza e il rientro in Italia di Cecilia Sala”. Lo ha detto Antonio Tajani ieri in un’intervista al Senato con i giornalisti. Il vicepremier e ministro degli Esteri ha aggiunto che non conosce le tempistiche per portare la reporter in Italia: “Difficile dirlo, io mi auguro che siano brevi, però non dipende da noi, noi stiamo cercando di risolvere una questione che è complicata e di garantire intanto che sia Cecilia Sala sia detenuta nelle migliori condizioni possibili, che possa ricevere visite consolari, che possa parlare con la famiglia e quindi che abbia un trattamento normale”.
“La Repubblica Islamica dell’Iran ha sempre utilizzato la presa di ostaggi e i ricatti come arma politica principale. Trasformare vite umane in strumenti di pressione politica è un chiaro segnale di come il diritto internazionale e i trattati di cui l’Iran stesso è parte siano costantemente ignorati. Infatti, non solo il modus operandi del regime continua a esercitare una violenta repressione sui cittadini iraniani, ma rappresenta una minaccia per i diritti e le libertà fondamentali di tutti, in particolare abbiamo visto l’attacco alla libertà di stampa, come nel caso di Cecilia Sala e contro la mobilità accademica, come per diversi ricercatori residenti in Europa e con doppia cittadinanza” spiega Eleonora Mongelli, Vice Presidente della Federazione italiana dei Diritti Umani, esperta di diritti umani e che si occupa della difesa delle vittime di persecuzione politica nel mondo.
ANALISI DELLE NARRATIVE INTERNAZIONALI
Sui social non si discute solo della violazione dei diritti umani e della libertà di stampa. Analizzando anche i post in persiano, emerge fin da subito, una narrativa che interpreta l’accaduto come una detenzione strategica, finalizzata a trasformare la giornalista in una pedina di scambio. Alcuni autori sottolineano che la situazione richiede negoziati complessi e concessioni politiche per essere risolta. Si invoca inoltre la liberazione immediata della giovane giornalista, insieme a tutti i prigionieri detenuti ingiustamente dal regime islamico. Non mancano critiche alla scelta di Sala di recarsi in Iran, nonostante gli avvertimenti di molti iraniani che da tempo mettono in guardia i giornalisti stranieri sui rischi legati al regime.
Subito dopo la detenzione di Sala è emersa la notizia dell’arresto di Mohammad Abedini, un cittadino iraniano, che il 16 dicembre è stato fermato a Milanoi. L’America ha di recente formalizzato anche la richiesta di estradizione. Abedini è accusato dalle autorità statunitensi di aver fornito supporto materiale all’IRGC (Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica), un’organizzazione considerata terroristica, responsabile della morte di tre soldati statunitensi in un attacco con drone a una base militare in Giordania lo scorso gennaio. Abedini è stato arrestato dagli investigatori della Digos all’aeroporto di Malpensa, mentre era in transito da Istanbul verso un’altra destinazione. Gli investigatori hanno trovato nei suoi bagagli componenti elettronici compatibili con le accuse mosse contro di lui, oltre a materiale bancario, commerciale e cartaceo, e a tre dispositivi elettronici. La Corte d’appello di Milano dovrà ora decidere sulla sua estradizione negli Stati Uniti, mentre le autorità italiane stanno analizzando il materiale sequestrato. Abedini, che è accusato insieme a Mahdi Mohammad Sadeghi di aver cospirato per esportare componenti elettronici sofisticati dall’America all’Iran, in violazione delle leggi sul controllo delle esportazioni, è attualmente detenuto nel carcere di Busto Arsizio (Varese), in attesa delle prossime mosse legali. Intanto, ieri, Mahdi Sadeghi, si è dichiarato non colpevole davanti alla corte federale di Boston delle accuse statunitensi di aver illegalmente procurato tecnologia per una società iraniana, che ha prodotto un componente chiave per un drone utilizzato in un attacco a gennaio in Giordania (fonte Reuters).
L’arresto di Mohammad Abedini Najafabadi in Italia e la detenzione di Cecilia Sala in Iran hanno acceso un dibattito internazionale su temi di diplomazia, sicurezza e diritti umani e ha sollevato nuove preoccupazioni e consapevolezze sul fenomeno della “diplomazia degli ostaggi” che tende a sfruttare l’arresto strumentale di cittadini stranieri o con doppia nazionalità.
Il caso dei due iraniani evidenzia il ruolo delle taskforce statunitensi come la Disruptive Technology Strike Force nel contrastare l’accesso tecnologie sensibili da parte di attori o Stati malintenzionati, mentre la detenzione di Sala richiama l’attenzione sull’urgenza di proteggere i giornalisti e i diritti umani nei contesti di crisi, come già evidenziato nel corso del 2024 da Istituzioni europee, Organizzazioni Internazionali, Reuters Institute e altri.
Durante un’interivsta alla Bbc News Persian, Kambiz Ghafouri ha spiegato: “Non molto tempo fa, la Repubblica Islamica dell’Iran ha arrestato Johan Floderus, un cittadino svedese, per fare pressione sul governo svedese e ottenere la liberazione di Hamid Nouri. In precedenza, avevano arrestato Olivier Vandecasteele, cittadino belga, per ottenere il rilascio di Asadollah Assadi dal carcere in Belgio.
Questi sequestri hanno avuto finora tre obiettivi principali:
1. A volte vengono richiesti pagamenti, come nel caso di Nazanin Zaghari, che non è stata rilasciata finché non è stato saldato un vecchio debito risalente all’epoca dello Scià.
2. Altre volte, servono come strumenti di negoziazione, come accaduto con Jason Rezaian, rilasciato alla vigilia dell’accordo nucleare del JCPOA.
3. Infine, spesso vengono usati per ottenere la liberazione di cittadini iraniani arrestati in Occidente per accuse legate al terrorismo o alla violazione delle sanzioni.
Se guardiamo a questi precedenti e consideriamo che solo tre giorni dopo l’arresto di Abedini, su richiesta degli USA, una cittadina italiana è stato arrestato in Iran, è naturale pensare che i due eventi siano collegati. Sembra un altro caso di presa di ostaggi da parte della Repubblica Islamica.
Al momento, il governo italiano sta procedendo con cautela, probabilmente cercando di negoziare attraverso canali diplomatici per ottenere la liberazione del proprio cittadino. Questa è una strategia comune tra i paesi europei, che spesso preferiscono trattare dietro le quinte. Tuttavia, spesso queste trattative non portano a nulla e si finisce per cedere al ricatto pagando un prezzo.
Sfortunatamente, questo comportamento è diventato un modello per l’Iran, che non ha mai subito conseguenze concrete per queste azioni. Non ci sono state sanzioni adeguate o condanne abbastanza forti a livello internazionale da scoraggiare Teheran.
L’Italia, in passato, è stata molto ferma contro i sequestri. Nel 1991 ha approvato una legge che vieta il pagamento di riscatti ai rapitori, persino congelando i beni delle famiglie per impedire che paghino. Se volesse davvero trattare l’Iran come uno stato che pratica il sequestro di persona, dovrebbe adottare una posizione simile.
Tuttavia, per ora, non ci sono segnali che i paesi europei vogliano agire in modo deciso. Le loro risposte sono state finora frammentate e individuali, piuttosto che un’azione coordinata. Finché non mostreranno all’Iran che questi atti hanno un costo significativo, difficilmente la situazione cambierà” conclude Ghafouri.
LA POLARIZZAZIONE DEL DIBATTITO: CRITICHE, NOTIZIE FALSE E TEORIE INFONDATE CHE CIRCOLANO IN RETE
- Secondo quanto riportato da vari utenti su X, che postano in persiano, la giornalista italiana è stata arrestata a Teheran con l’accusa di “diffondere propaganda contro lo Stato iraniano”. Alcuni contenuti (anche in persiano) attribuiscono la detenzione alle sue presunte critiche al governo iraniano o che abbia denunciato le attività terroristiche del corpo dei Pasdaran, mentre altri parlano di una possibile disputa personale. In realtà anche da alcuni suoi testi non si evince un tono particolarmente critico nei confronti del regime (tra i suoi post) e le circostanze che hanno portato all’arresto restano ancora oggi poco chiare. l’Iran ha solo parlato di violazione della legge islamica senza dare dettagli. Cecilia Sala si trovava in Iran per svolgere servizi giornalistici raccontando storie di donne e uomini del posto. Era partita da Roma il 12 dicembre con un visto giornalistico e stava lavorando a nuove puntate del suo podcast “Stories” di Chora Media.
- Alcuni commenti online, che hanno ottenuto attenzione e coinvolgimento, hanno etichettato Cecilia Sala come una presunta spia israeliana. Ma la tesi non è supportata da alcuna fonti e si tratta di opinioni o insinuazioni. Questa narrativa si inserisce in un contesto più ampio e complesso, caratterizzato dalla rivalità storica e geopolitica tra Israele e Iran. Nella propaganda, spesso viene utilizzata l’accusa di “spionaggio” per screditare giornalisti, attivisti o figure straniere che operano nel Paese o che riportano fatti che potrebbero essere percepiti come critici nei confronti del regime. Associarli a Israele, considerato un nemico storico dell’Iran, serve a rafforzare l’idea di un complotto esterno contro la Repubblica Islamica.
- Altri post, soprattutto provenienti da account che condividono narrative filorusse, dipingono le democrazie occidentali come ipocrite e paragonano il caso di Cecilia Sala a quello di Julian Assange. Questi post si concentrano sulla parzialità con cui viene invocata la libertà di stampa ma non approfondiscono i dettagli legali e le accuse specifiche che sono state rivolte al fondatore di WikiLeaks.
- Tra le narrative più popolari e condivise anche dalla propaganda russa vi è la presunta dipendenza e asservimento dell’Italia agli Stati Uniti soprattutto in riferimento alla richieste di estradizione di Abedini. Un esempio di post che ha ottenuto engament su questa retorica è di Andrea Lucidi che sul suo profilo X afferma: “È chiaro il motivo dell’arresto: l’Iran vuole garantire la libertà al suo cittadino arrestato a Milano su ordine USA. Ancora una volta una cittadina italiana sta pagando perché l’Italia doveva fare ‘un favore’ a Washington.” Questo tipo di discorso sottolinea una percezione di subordinazione dell’Italia agli interessi americani, alimentando sentimenti critici verso l’alleanza transatlantica.
- Altre teorie sostengono che il rapimento di Cecilia Sala sia una messa in scena orchestrata dalla Repubblica Islamica dell’Iran per ottenere un riscatto, seguendo un presunto “modello di business” già utilizzato in casi simili. Viene citato l’esempio di Siamak Namazi, rilasciato in cambio di 7 miliardi di dollari, e si accusa la stessa Sala di essere parte di una rete di lobby a favore del regime iraniano. Si tratta di narrative prive di fondamento.
Articolo di
Federica Urzo