Le interferenze straniere hanno contribuito a diffondere disinformazione durante le elezioni americane. Le autorità statunitensi hanno più volte riconosciuto il ruolo di attori statali come Cina, Russia e Iran in queste operazioni. Molte delle attività si sono concentrate a pochi mesi o giorni dal voto. A settembre ad esempio – due mesi prima delle elezioni – il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha annunciato di aver interrotto un’operazione di influenza russa nota come “Doppelganger”, sequestrando trentadue domini web utilizzati per diffondere propaganda filorussa e imitare siti di notizie autentici, tra cui il Washington Post.
Il giorno delle elezioni americane l’FBI ha messo in guardia gli americani per la circolazione di tre video falsi che utilizzavano i simboli dell’agenzia per promuovere false informazioni sul voto. Il primo riportava un’elevata minaccia terroristica e invitava gli americani a non recarsi alle urne. Il secondo includeva un falso comunicato stampa che affermava che il voto fosse stato manipolato, mentre il terzo sosteneva che l’FBI avesse ricevuto 9.000 segnalazioni di malfunzionamenti delle macchine per il voto.
Misurare con esattezza l’impatto delle operazioni di disinformazione sul pubblico è difficile, ma diversi dati suggeriscono che, nei giorni precedenti e durante il voto, uno degli attori più efficaci a diffondere disinformazione (in termini di utenti raggiunti) non sia stato un agente straniero, bensì Elon Musk. L’imprenditore e innovatore tecnologico che ha sostenuto attivamente Donald Trump, contribuendo finanziariamente alla sua campagna elettorale e assumendo un ruolo significativo nella sua amministrazione.
Il ruolo di Elon Musk nella diffusione di disinformazione
Secondo la no-profit britannico-americana nessuno di questi post è stato sottoposto al sistema di verifica noto come “Community Notes”, lo strumento di fact-checking gestito dagli utenti che Musk ha descritto come un metodo efficace e immediato per contrastare le fake news.
Le dichiarazioni di Musk analizzate dallo studio riguardano soprattutto due teorie disinformative: che i Democratici abbiano “importano elettori”, tramite varie strategie, come l’immigrazione irregolare, e che il sistema di voto non sia affidabile. Ad esempio in un post Musk afferma che negli stati in bilico ci sarebbe stato un “aumento a tre cifre di immigrati illegali negli ultimi quattro anni” e che si tratterebbe di una “importazione di elettori senza precedenti”. Questo post ha raggiunto 21 milioni di visualizzazioni.
In un’altra occasione, Musk ha sostenuto che, se il Partito Democratico vincesse le elezioni, il governo federale potrebbe vietare l’obbligo di presentare un documento d’identità per votare, una misura già abolita in California. Anche questa affermazione ha attirato grande attenzione, raggiungendo 11,9 milioni di visualizzazioni.
La narrativa preferita da Musk sembra essere quella secondo cui i Democratici starebbero tollerando o incentivando l’migrazione illegale per scopi elettorali. Lo studio evidenzia come queste genere di dichiarazioni, ripetute in 66 post pubblicati tra gennaio e ottobre, abbiano ottenuto quasi 1,3 miliardi di visualizzazioni. In un post, Musk ha scritto che i Democratici “stanno importando elettori” in modo deliberato, definendo la situazione “evidente”. Un altro messaggio afferma che “l’apparato amministrativo democratico sta trasportando milioni di futuri elettori direttamente negli stati in bilico” per garantire una “dominazione monopartitica permanente”.
Le affermazioni, ampiamente condivise e commentate, sollevano interrogativi non solo sul ruolo di Musk nella diffusione di disinformazione, ma anche sull’efficacia delle misure promosse dalla sua stessa piattaforma per contrastare la circolazione di notizie false.
Nonostante le dichiarazioni di Musk sulla trasparenza e sul fact-checking di X, la mancata applicazione delle Community Notes della piattaforma a post così controversi pone dubbi sulla capacità di X di affrontare il problema, soprattutto quando è il suo proprietario a pubblicare i post.
Il fact-checking sulle affermazioni di Elon Musk
Le dichiarazioni di Elon Musk sui presunti tentativi dei Democratici di “importare elettori” attraverso l’immigrazione illegale sono smentite dai fatti. L’idea che gli immigrati possano essere “reclutati” per costruire una maggioranza elettorale per il Partito Democratico è infondata. Diventare cittadini statunitensi, condizione necessaria per esercitare il diritto di voto, è un processo che richiede anni. Inoltre, non esiste alcuna garanzia sul comportamento elettorale degli immigrati naturalizzati. Per i non cittadini, partecipare illegalmente a un’elezione comporta gravi rischi, tra cui la deportazione o la reclusione, fattori che rendono estremamente improbabile una simile pratica.
Anche le affermazioni di Musk su presunti casi di frode elettorale legati al voto per corrispondenza o alle urne non trovano fondamento. I casi di frode documentati in questo contesto sono rarissimi. Le schede inviate per posta sono sottoposte a verifiche rigorose: i dati vengono controllati sia al momento della richiesta da parte dell’elettore sia al momento della ricezione del voto. Inoltre, 36 stati richiedono agli elettori di presentare una qualche forma di identificazione al seggio elettorale, mentre i restanti 14 utilizzano metodi alternativi per verificare l’identità, come il confronto delle firme con quelle archiviate. In tutti gli stati, chi vota mentendo sulla propria identità è perseguibile per falsa dichiarazione.
Questi controlli sistematici rendono infondate le accuse di frodi elettorali di massa o di manipolazioni su larga scala, smontando così uno dei principali argomenti promossi da Musk.
A cura di Francesco Di Blasi