«All’inizio avevamo pensato si trattasse di persone che non avevano informazioni corrette su di noi e sulla situazione nel nostro paese e che avremmo dovuto contattarli per spiegare meglio i fatti. Ma poi, con un po’ di ricerche, abbiamo capito che si trattava di una cosa deliberata». Queste le parole Farouq Habib, vicedirettore dei Caschi Bianchi, che sono state riportate dal The Guardian. Sistematici gli attacchi di campagne di disinformazione riguardo l’operato dell’organizzazione di volontari, creata durante la guerra civile, che si occupa del sostegno alla popolazione e dell’evacuazione delle persone in Siria.
Per scoprire i costi umani e politici della campagna di creazione e distribuzione di fake news sulla Siria, l’Institute for Strategic Dialogue (ISD), insieme a The Syria Campaign, ha condotto la più completa indagine sulla disinformazione in questo Paese.
È stata identificata una rete composta da 28 account di social media, individui e organizzazioni che hanno diffuso false notizie sul conflitto siriano tra gennaio 2015 e dicembre 2021. Sono invece 1,8 milioni le persone che hanno creduto e dato seguito a queste fake news. Utilizzando un elenco di 51 parole chiave e hashtag collegati alla Siria, i ricercatori dell’ISD sono riusciti a identificare 47.000 tweet e 817 post su Facebook di questi account che hanno creato o diffuso disinformazione su questo conflitto.
La nuova analisi, contenuta in un rapporto di The Syria Campaign, ha anche rilevato che gli account ufficiali del governo russo hanno svolto un ruolo chiave nella creazione e diffusione di contenuti falsi, con le ambasciate russe nel Regno Unito e in Siria che hanno svolto un ruolo di primo piano.
Dei 47.000 tweet inviati dal nucleo di 28 teorici della cospirazione nell’arco di sette anni, dal 2015 al 2021, 19.000 erano post originali che sono stati ritwittati più di 671.000 volte.
«La campagna di disinformazione in Siria è stata largamente appoggiata dalla Russia ma anche dai partiti di destra occidentali, e ha portato a una normalizzazione del regime di Assad» a parlare è Daniele Raineri, inviato per Repubblica. In Siria un’operazione promossa da una rete di teorici cospirazionisti, che negavano i crimini di guerra compiuti da Assad, ha mostrato le conseguenze mortali della diffusione di falsità. Da quando più di undici anni fa i siriani sono scesi in piazza a chiedere la libertà dopo decenni di regimi dittatoriali, il governo di Assad ha usato violenza e disinformazione come strumenti per mettere a tacere gli oppositori.
«Gli attacchi informatici e di distorsione dei fatti contro i Caschi Bianchi è stata l’inaugurazione di questa retorica negazionista adottata dal regime» commenta Raineri, riferendosi a quanto questa organizzazione sia stata uno degli obiettivi principali di queste distorsioni dei fatti. Persone innocenti, medici, operatori umanitari e attivisti per i diritti hanno dovuto affrontare le conseguenze reali della diffusione sistematica di notizie false.
Sebbene l’utilizzo di torture, armi chimiche, bombardamenti indiscriminati e mirati sulla popolazione sono documentati da prove registrate da Ong presenti sul territorio e dalle testimonianze dei siriani stessi, un gruppo ristretto di teorici della cospirazione sulla falsità dei crimini compiuti da Assad è riuscito a distorcere la realtà del conflitto e a scoraggiare l’intervento della comunità internazionale.
Questi gruppi di creatori di notizie false sono stati alle volte aiutati da campagne di disinformazione sostenute economicamente e politicamente dalla Russia, mentre altre volte si sono ispirati al Cremlino e alle sue operazioni mediatiche di distorsione dei fatti, di cui Putin si serviva già da anni. Proprio queste hanno messo in pericolo la vita delle persone creando confusione rispetto alla situazione politica in Siria, e arrivando persino, in alcuni casi, a bloccare l’azione politica della comunità internazionale quando era necessaria, come riportato da deadlydisinformation.org.
Gli attacchi di disinformazione in Siria hanno permesso politiche anti-asilo, molestie e abusi nei confronti degli operatori umanitari e dei soccorritori in prima linea, hanno incoraggiato la normalizzazione del regime di Assad e sono state d’ispirazione per il presidente russo Vladimir Putin nell’utilizzare le stesse tattiche in Ucraina. L’altro rischio di queste campagne è che impediscano di svelare la verità.
Sono tre le principali false narrazioni che sono state promosse dalla rete di teorici della cospirazione: la prima riguarda il travisamento del ruolo dei Caschi Bianchi; la seconda si è invece concentrata sulla negazione o la distorsione dei fatti sull’uso di armi chimiche da parte di Assad e sugli attacchi indiscriminati alla popolazione innocente.
L’organizzazione umanitaria di protezione civile siriana è diventata bersaglio prima di false narrazioni riguardo il suo operato, poi anche obiettivo militare del governo russo dopo aver documentato incidenti come l’attacco chimico a Khan Sheikhoun nel 2017, che ha ucciso 92 persone, un terzo delle quali bambini.
Tra le persone citate nel rapporto come influenti diffusori di disinformazione c’è Vanessa Beeley, giornalista indipendente. Il ruolo di Beeley è stato fondamentale rispetto alle decisioni d’intervento della comunità internazionale nel Paese le cui teorie cospirative sono state citate come prove dalla Russia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Nel settembre 2015 la giornalista ha accusato i Caschi Bianchi di collaborare con Al-Qaeda e altre organizzazioni terroristiche, sostenendo che i filmati che raccolgono mentre salvano i civili dagli edifici bombardati sono una costruzione teatrale inscenata appositamente per creare una falsa propaganda.
Ma la propagazione di fake news riguardo il conflitto siriano non si è fermato alla Beeley: anche un gruppo di accademici britannici sono stati accusati di diffondere fake news a favore del regime siriano e teorie cospirazioniste promosse dalla Russia. Secondo il rapporto, dal 2020 il giornalista Aaron Maté del Grayzone ha superato Beeley diventando il più prolifico divulgatore di disinformazione tra i 28 teorici della cospirazione identificati.
L’effetto di questa enorme quantità di disinformazione, secondo The Syria Campaign, è stato quello di seminare confusione e dubbi tra i responsabili politici del governo, contribuendo a creare politiche anti-asilo, a normalizzare il regime siriano di Assad e a incoraggiare il presidente russo Vladimir Putin nel replicare le tattiche in Ucraina.
«La Siria è stata un terreno di prova per questo tipo di attività di disinformazione e le lezioni apprese da questo caso possono informare l’azione in Ucraina e oltre», ha dichiarato un ex funzionario del Dipartimento di Stato americano ai ricercatori dell’ISD.
Articolo di Martina Ucci, studentessa del Master in Giornalismo e Comunicazione Multimediale dell’Università Luiss Guido Carli.