«Mia madre e i miei due fratelli hanno trascorso più di un mese in un seminterrato di Rubizhne insieme ad altre due famiglie, con cibo e acqua scarsi. C’erano anche dei bambini. Il 7 aprile hanno chiamato per dire che erano stati trasportati in Russia e non sapevano se avrebbero potuto chiamarmi ancora. Poi ho perso i contatti». A parlare è un cittadino ucraino residente a Rubizhne, nella regione di Luhansk.
Secondo un recente report di “International Partnership for Human Rights”, dalla città ucraina diverse centinaia di persone sono state «trasportate con la forza» verso la Russia. L’organizzazione umanitaria, che sta collaborando con Associated Press nella raccolta di prove della commissione di crimini di guerra da parte della Federazione russa, parla di «trasferimento forzoso della popolazione civile».
L’Ucraina le chiama «deportazioni forzate», per le fonti russe si tratta invece di una «distribuzione, di esodi volontari». Entrambe le parti confermano che più di un milione di ucraini sono arrivati in Russia, passando per dei «centri di filtraggio». Diverse organizzazioni umanitarie stanno denunciando la pratica del trasferimento degli ucraini «contro la propria volontà» o con l’inganno. Il Pentagono dice di aver raccolto «indicazioni» a riguardo e sono diverse le testimonianze dirette fra loro concordanti.
In un’intervista rilasciata all’agenzia Ansa, Lyudmyla Denisova, commissaria per i diritti umani del Parlamento ucraino, ha detto che «oltre un milione di persone sono state deportate nella Federazione russa, di queste 200.000 sono bambini». Persone uscite allo scoperto dopo aver passato settimane in rifugi di fortuna per scampare ai bombardamenti verrebbero smistate in diverse località della Russia attraverso la «procedura di filtraggio».
«Prima di tutto – continua la commissaria – l’Fsb controlla i telefonini degli ucraini per vedere con chi collaborano, le cose che dicono, il loro atteggiamento nei confronti del governo o dell’esercito, cosa scrivono sui social. Poi li spogliano, alla ricerca di tatuaggi con emblemi ucraini o simboli patriottici. Chi ha questo tipo di tatuaggi viene considerato sospetto, non passa la filtrazione e viene subito portato via, in direzione di Dokucajevs’k». Ha poi aggiunto Denisova: «Di queste persone non sappiamo più nulla, non abbiamo informazioni su dove finiscano».
Da Mariupol, città tra le più colpite dall’invasione russa, sarebbero almeno 15.000 i cittadini ucraini prelevati dall’esercito di Mosca. Il sindaco, Vadim Boychenko, ha denunciato presunte sparizioni anche in occasione dell’evacuazioni dei civili dall’acciaieria Azovstal. «Ci risulta che undici autobus siano scomparsi da qualche parte, avrebbero dovuto procedere verso Zaporizhia, ma si sono persi». Su Telegram ha poi dichiarato che «gli invasori costringono le persone già stremate dalla guerra a salire sugli autobus, li privano di passaporti e altri documenti di identità ucraini, dei cellulari. Li portano in campi di smistamento e poi in diverse città remote della Russia».
Un’indagine indipendente del quotidiano inglese “The i Paper” ha individuato almeno 66 «campi per ucraini», che sarebbero conosciuti in Russia come Temporary Accomodation Point (TAP). Individuati incrociando le informazioni dei notiziari locali e siti web di mappatura russa, si tratterebbe di «dozzine di sanatori ex sovietici, campi per bambini, almeno un centro di “educazione patriottica” e persino un ex deposito di armi chimiche».
A Perm si chiama il Piccolo Principe, in Tatarstan si trova invece il Babbo Natale: i loro nomi mutuati dalla tradizione fiabesca «smentiscono la miseria subita dai loro occupanti sopravvissuti a due mesi di guerra». Secondo i giornalisti britannici, si estenderebbero per le steppe russe attraverso 11 fusi orari, «sui Monti Urali da Belgorod a ovest fino alla remota penisola di Kamchatka ai margini dell’Oceano Pacifico e Vladivostok alla fine della ferrovia transiberiana». A decine di migliaia di km di distanza da casa loro, «sebbene agli ucraini siano permesso di uscire dai campi, la lontananza e la mancanza di denaro, telefoni o documentazione lo rende pressoché impossibile».
Mosca non nega e conferma i numeri, così come l’esistenza dei «centri di filtraggio». La versione, però, è opposta: quello degli ucraini sarebbe un esodo volontario, che l’esercito russo sta facilitando. «Nonostante gli ostacoli creati da Kiev, dall’inizio dell’operazione militare speciale, già 1.002.429 persone sono state evacuate nel territorio della Federazione Russa dalle regioni pericolose dell’Ucraina, di cui 183.168 sono bambini» ha detto Mikhail Mizintsev, capo del Centro di controllo della difesa nazionale della Federazione russa.
A riprova di questo il Cremlino adduce che molti ucraini fossero in possesso della doppia cittadinanza. Già il giorno dopo l’elezione di Zelensky nell’aprile del 2019, infatti, il presidente russo, Vladimir Putin, ha firmato un decreto che semplifica la procedura per ottenere la cittadinanza per i residenti di Donetsk e Luhansk. Da allora, più di 720.000 residenti nelle aree controllate dai ribelli hanno ricevuto passaporti russi. Oltre a questi, altre centinaia di migliaia sarebbero stati rilasciati con procedure d’urgenza nei giorni antecedenti l’attacco all’Ucraina del 24 febbraio.
Ad ogni modo, i fatti sono al vaglio della Corte penale internazionale, il tribunale per crimini internazionali con sede all’Aia. Il 2 marzo scorso la Corte ha aperto un’indagine formale sulla “Situazione in Ucraina”, avente ad oggetto i crimini commessi sul suo territorio dal 2013 in poi.
Cosa mai accaduta prima, il procedimento è stato intrapreso su rinvio di ben 43 Stati, tra i quali l’Italia. Nonostante né la Federazione russa né l’Ucraina abbiano ratificato lo Statuto di Roma che nel 1998 ha istituito la Cpi, l’accettazione ad hoc, nel 2014 e nel 2015, da parte dell’Ucraina della competenza della Corte per i crimini commessi sul suo territorio dal 2013 in poi, impone al Paese aggredito l’obbligo di cooperare con i giudici internazionali, soprattutto nella raccolta delle prove. È difficile oggi prevedere la durata delle indagini o se effettivamente porteranno a un rinvio a giudizio, che comunque sarebbe nei confronti non degli Stati ma di persone fisiche.
Quello che è certo, per il momento, è che le due fonti concordano nel dire che oltre un milione di ucraini sono arrivati nel Paese che ha dichiarato loro guerra. Nella maggior parte dei casi se ne sono perse le tracce. Non si hanno notizie di migliaia di persone e di bambini finite nelle mani dell’esercito russo.
Articolo di Enzo Panizio, studente del Master in Giornalismo e Comunicazione Multimediale dell’Università Luiss Guido Carli.